La vita del pastore, tra introspezione e natura - Intervista al regista Valter Torri

La vita del pastore, dura e frugale, fatta di fatica e solitudine, in grado di portare l’uomo ad un emozionante rapporto con se stesso e con la natura,  è narrata dal regista Valter Torri. Location del suo documentario, un ambiente severo ma, mai come oggi, a misura umana, è l'Appennino tosco-emiliano.  “Ho sempre pensato al pastore come a una persona di grande forza psichica e resistenza fisica, entrambe necessarie per poter vivere in solitudine e sopportare le condizioni atmosferiche più avverse – ci racconta l’autore con all’attivo una ventina di lavori di sua ideazione, e la partecipazione come operatore subacqueo e terrestre freelance ad altre produzioni - Ma ritengo che sia anche lo spettatore privilegiato dei grandi paesaggi montani e l'osservatore attento della vita di numerosi animali selvatici. Ho quindi cercato di calarmi nei panni di uno di loro, lasciando per un momento gli agi della vita cittadina e immergendomi, in 50 minuti di conflitto interiore, nei loro problemi del vivere quotidiano contrapposti al godimento degli scenari e degli incontri che solo una tale esistenza può garantire”. Lavoro delicato e assolutamente particolare, ricco di scoperte decisamente inattese. “Il maggior impegno è stato quello di "dirigere" un gregge di pecore. Inizialmente ritenevo questo aspetto il più semplice, certamente meno impegnativo del dover riprendere animali selvatici nel loro ambiente. Invece, ho imparato a mie spese che governare un gregge di oltre 800 pecore è una vera e propria impresa, e così è contestualmente aumentata la mia stima nei confronti dei pastori e dei loro cani. Proprio questi ultimi sono tra i miei più bei ricordi: notevole è stata la soddisfazione quando, qualche giorno dopo l'inizio delle riprese e dopo un'iniziale diffidenza fatta di denti digrignati e abbaiate a ogni mio avvicinamento, gli otto cani pastore maremmani a guardia del gregge mi hanno accettato come componente del branco, permettendomi di mescolarmi alle pecore senza manifestare atteggiamenti ostili ma, al contrario, accompagnando scodinzolando ogni mio spostamento”. Natura e tradizioni rurali approderanno così al Sondrio Festival, insieme al regista, vecchia conoscenza della manifestazione. “Mi piace Sondrio Festival. Mi piace per la particolare atmosfera che si respira girando per la città nei giorni del festival, mi piace per la partecipazione del pubblico, attento e preparato, mi piace per la vocazione di concorso riservato alle opere girate nei parchi naturali, quei particolari ambienti che dimostrano quanto, a volte, anche l'essere umano possa davvero essere un animale intelligente. E' quindi per me sempre un grande piacere poter partecipare alla mostra”. Mostra che prende corpo in Valtellina. “Una terra dove, grazie alla sua posizione geografica, al suo ambiente naturale dagli straordinari scenari, alla cordialità della sua gente e, non ultimo, alle sue specialità eno-gastronomiche, valga assolutamente la pena di vivere”.  E per il futuro? “Attualmente sto realizzando un nuovo documentario, con un format simile a quello del pastore, che vuol descrivere, in modo piuttosto originale, alcuni aspetti particolari della Sardegna, mentre in progetto futuro ho un documentario di storia naturale da girare nella Papua indonesiana e una docufiction di genere fantasy/naturalistico per il grande schermo”. A Proposito di grande schermo, alla Mostra del Cinema di Venezia ha vinto un documentario italiano, impossibile non domandare un parere in merito. “La narrazione documentaristica, con la realtà dei suoi racconti, può certamente avere la forza espressiva del cinema. Ritengo che, nel giudicare un'opera, tra i diversi aspetti, si debba tenere in considerazione anche l'originalità del modo di raccontare le storie e penso che a Venezia sia successo anche questo”.
 

Camilla Martina