I suoi non sono dei tradizionali documentari naturalistici ma indagano sempre il rapporto fra l'uomo e il mondo naturale. E’ questo il leitmotiv dei lavori di John Grabowska, autore statunitense di “Sky Island”. Ma qual è la storia del film in concorso, che cosa ci aspetta? “In particolare - anticipa il regista - racconto la storia di un paesaggio nel deserto del nord del New Mexico, quello delle montagne Jemez, una serie vulcanica sulla sponda occidentale del Rio Grande, a ovest di Santa Fe”.
“Sky Island”, cosa significa? “Ci sono “isole nel cielo” in tutto il sud-ovest del deserto, le montagne sorgono dal deserto, dunque sono isolate. Queste “isole” sono popolate da piante e animali unici nel loro genere, che si sono evoluti su quelle montagne e non possono migrare altrove a causa del deserto che li circonda”. “Vorrei che il film fosse una vera esperienza cinematografica”, confessa l’autore. La sua struttura vaga, infatti, rispecchia quella della montagna stessa: “Si parte dagli avvallamenti del Rio Grande - spiega - e si procede verso l’alto, esaminando come il cambiamento di altitudine crea diversi ambienti di vita. Quest’idea è stata ispirata da alcune delle prime ricerche scientifiche condotte nel deserto sud-ovest da C. Hart Merriam, biologo di fine ‘800 e cofondatore di The National Geographic Society. Alla base della montagna siamo in una steppa desertica con erba, salvia e querce, mentre salendo, flora e fauna cambiano radicalmente”.
Ma un film, di solito, è più efficace e convincente, quando mostra più di quello che dice. Le immagini, dunque, vere protagoniste della pellicola di John, inedite e senza dubbio ricercatissime. “Spero che il pubblico reagisca facendo collegamenti imprevisti e rispondendo alle immagini con qualche emozione. Un modo per suscitare una risposta personale fra gli spettatori - rivela il regista - è quello di adottare un approccio contrappuntistico con una voce narrante principale e una voce lirica che riflette in ogni sequenza”. Cosa si intende per “voce lirica”? “Navarre Scott Momaday, un gigante della letteratura americana, studioso, poeta, artista, performer e insegnante, nonché primo indiano americano a vincere il Premio Pulitzer per la letteratura, sarà la ‘voce lirica’ di ‘Sky Island’. Il suo ruolo fornisce una visione poetica e meditativa in alcune sequenze e luoghi”.
Questo non suona quindi come un tipico documentario naturalistico. “Esatto. I miei film non sono giornalismo, né scienza, né tantomeno documenti tradizionali che spiegano il comportamento animale. Sono sicuramente ricchi di una scienza rigorosa perché faccio un’enorme quantità di ricerche, ma l’intento è quello di creare film in grado di riflettere il senso di meraviglia del mondo naturale”. Una meraviglia tutta da scoprire, che abbraccia luoghi aspri e selvaggi ma al tempo stesso incantevoli. Un’analisi perfettamente lucida del rapporto tra uomo e ambiente, un invito alla pura contemplazione, ma anche imperdibile occasione per riflettere.