Un amore sfrenato quello che Dione Gilmour prova per la sua terra. Una terra sconfinata, dall’alto capo del Globo, e per molti aspetti ancora inesplorata. Stiamo parlando della meravigliosa Australia, il più grande e spettacolare Paese dell’Oceania. Popolata dagli aborigeni per più di 40.000 anni e colonizzata dagli inglesi a partire dal XVIII secolo. “L'Australia è una vera fonte d'ispirazione per me - confessa Dione, regista di ‘Out of the Ashes’-. E’ un continente di grandi dimensioni e con habitat molto diversi fra loro. La conoscenza di animali e piante uniche al mondo è così limitata da rendere il mio lavoro una sfida continua”.
Qual è l’idea che sta alla base del film? “Il mio documentario nasce da una terribile esperienza. Un giorno di caldo torrido ho appreso dalla radio la notizia che incendi devastanti stavano divampando nello Stato di Victoria. Volevo che la gente capisse che episodi come questi sono l’inevitabile risultato di lunghi periodi arsura. In ‘Out of the Ashes’ ho cercato infatti di raccontare la storia di quelle meravigliose foreste e ciò che accade loro nei momenti di grande siccità: le terribili conseguenze per uomini e per gli animali, ma anche il recupero del bosco e quello che potrebbe accadere in futuro”.
Il film prende dunque in esame gli incendi e il ripristino ecologico di quelle ampie zone di foresta devastate in quel tragico 7 febbraio del 2009 attraverso le esperienze delle persone coinvolte. Un viaggio in cui l’autrice ci condurrà passo dopo passo alla scoperta di come la natura possa risorgere dalle sue ceneri. Quali sono gli ingredienti per un documentario di successo? “La storia, la storia e ancora la storia - spiega Dione -. Eventualmente si può ottenere un lavoro migliore con una buona macchina fotografica, attraverso l’editing o ancora grazie alla musica e alle parole, ma la storia è un aspetto del tutto imprescindibile. Di solto i documentari vengono trasmessi in televisione, il che significa che le persone possono cambiare canale molto facilmente. Questo momento è noto come “oh cavolo, ecco il documentario!”. E le persone cambiano subito canale. Gli spettatori di un film tradizionale, invece, entrando al cinema, pagano il biglietto e ciò li porta a restare incollati alla poltrona. Il segreto è rendere il documentario il più coinvolgente possibile fin dall’inizio”.
Dinamica e infaticabile, Dione ha ricoperto, fin dal 1975, i ruoli di regista, produttore, commissioning editor e produttore esecutivo, per citarne solo alcuni. Quali sono i temi che affronti più spesso nei tuoi documentari? “Ho lavorato nel dipartimento di Storia Naturale dell'emittente pubblica australiana chiamata ABC. Qui abbiamo fatto centinaia di programmi su ogni tipo di argomento: dal sesso, all’uccisione delle orche, dalle alluvioni agli incendi”. Sono molte le donne che come te fanno questo lavoro? “Quando ho iniziato ce n’erano pochissime in tutto il mondo. Oggi invece ci sono tante donne quanti uomini”.
“Out of the Ashes” verrà proiettato venerdì 14, un’avvincente cronaca della rigenerazione delle piante e degli animali nativi: dai primi nuovi germogli degli eucalipti, alla guarigione di animali feriti e in pericolo di estinzione fino al loro ritorno in natura. Una vera e propria “rinascita” dalle ceneri, alla quale Dione ha saputo dare uno stile registico inconfondibile. Sei già stata al Sondrio Festival? Cosa ne pensi? “Purtroppo non ci sono mai stata. Quest’anno avevo intenzione di venire ma ho dovuto rinunciare a causa di un intervento chirurgico al ginocchio. Due persone del mio staff della ABC sono venute qualche hanno fa e a loro è piaciuta molto la mostra. Forse ci sarò l’anno prossimo!”.