In risposta a quanto dichiarato da Gianluca Moiser, Lega antivivisezionista sezione Sondrio, nell'articolo su “La Provincia” intitolato “Sondrio festival. Grandi emozioni e caduta di stile”, parlano, in primis, gli esperti di Parchi e Aree protette provinciali, che sinergicamente si stanno adoperando per la buona riuscita dell'evento. “Nulla è stato lasciato al caso, nell'allestimento e gestione della tensostruttura acquario, ma il tutto è frutto di mesi di lavoro – esordisce Arianna Aceti, naturalista e coordinatrice dei parchi – Un lavoro di collaborazione tra Aree protette provinciali e non e loro personale che sono perfettamente a conoscenza delle specie animali, così come delle conseguenze della loro detenzione in cattività (come lo stress derivato da persone attorno e l'ambiente piccolo). Gli animali nelle teche hanno avuto e avranno le massime cure e, finito il Festival, verranno rilasciati nel loro habitat, senza conseguenze”. Perfettamente concorde Massimo Favaron, biologo e coordinatore delle attività didattiche Parco dello Stelvio, che tiene a precisare anche un ulteriore aspetto: il focus che una manifestazione come quella di Sondrio Festival può garantire a tematiche spesso sconosciute ai più. “Le nostre acque interne soffrono di gravissimi problemi di cui il pubblico non è a conoscenza – chiarisce – Ad esempio la compromissione di questi ambienti acquatici che, negli ultimi anni, è stata accentuata in forma massiccia dall'introduzione di specie esotiche. Sondrio Festival, con il suo bacino d'utenza enorme, ci permette così di fare una campagna di sensibilizzazione di straordinario valore. A fronte del breve periodo di detenzione, che comunque non ha effetti sugli animali, c'è quindi un'enorme ricaduta positiva sulla conservazione della fauna minore”. E i risultati lo dimostrano. “Abbiamo notato il riscontro ottimo e, anzi, qualitativamente e quantitativamente migliore del passato, sia da parte delle scuola che da parte del pubblico - aggiunge Ileana Negri biologa, referente attività educative parco Orobie valtellinesi - Per noi sarebbe stato più semplice non accogliere animali vivi, se l'abbiamo fatto, costruendo habitat ad hoc per ogni specie, è per fare conoscere alla gente un mondo altrimenti sconosciuto”. Anche in virtù di quanto affermato in maniera esaustiva dagli esperti dei parchi, cui si unisce la concorde testimonianza dei rappresentanti dell’Unione pesca sportiva di Sondrio (che ha messo a disposizione diversi esemplari di fauna ittica appartenenti alle famiglie dei salmonidi e dei timallidi, tutti peraltro cresciuti presso il Centro Ittico di Faedo), la direzione del Festival, pur sottolineando di accogliere le critiche che, se costruttive, non possono far altro che aiutare la crescita qualitativa della manifestazione, tiene a precisare che nessuna azione è stata portata avanti nel convincimento di mancare di rispetto agli animali e alla natura tutta, la cui salvaguardia è matrice e cuore dell'evento stesso. Paragonare il festival a circhi, zoo e delfinari, appare canzonatorio, lontano completamente dalla realtà. È vero, gli animali, per un lasso di tempo molto breve, abitano teche di vetro, ma in contesti curati e pensati appositamente e sotto la stretta sorveglianza e cura di esperti che conoscono bene le loro necessità. Si tratta di una settimana non consueta per flora e fauna, ma portata avanti nel loro assoluto rispetto e senza conseguenza alcuna. Come si sa, ed è inutile nascondersi dietro un dito, il richiamo della natura viva, è forse uno dei pochi validi ed efficaci mezzi per toccare il cuore e la sensibilità di grandi e piccini e, dato che sarebbe stato strutturalmente impossibile portare la gente in acquitrini, fiumi e torrenti, si è scelto questa soluzione, di concerto con chi, di tutela, si occupa tutti i giorni. Accusando il Festival di mancanze, si additano, quindi, anche tutti i parchi e le aree protette della provincia e oltre che stanno collaborando fattivamente e con perizia per la buona riuscita dell'iniziativa. È forse il caso di abbandonare la demagogia e, per una volta, di godersi l'evento per quello che è, cercando di valutare, in modo più obiettivo, le sue reali intenzioni positive e costruttive.