La selvaggia immensità dell'Alaska, ai confini della terra - Intervista a John Grabowska

L’Alaska ha affascinato il regista John Grabowska fin da quando era ragazzino. Fascino ereditato dal padre che aveva a lungo sognato "Alyeska (termine da cui deriva Alaska), La Grande Terra ", avendo letto, da piccolo, le storie di Jack London. “Quando avevo sei anni - racconta Grabowska - mio padre è stato finalmente in grado di realizzare il suo sogno, portando la nostra famiglia in un viaggio epico in campeggio. Guidammo per 4.500 chilometri lungo l’Alaska Highway, attraverso la foresta boreale del Canada, ed esplorammo poi “The Last Frontier”. L’impatto ha avuto quel viaggio su un ragazzino si capisce dal fatto che, da allora, sono sempre tornato in Alaska”. “Ai confini della Terra” è solo il più recente dei film che ha prodotto nelle zone selvagge di quella terra leggendaria. “Filmare gli orsi giganti di Katmai è un'aspirazione di tutti i registi di fauna selvatica e la misteriosa e remota caldera vulcanica dell’Aniakchak, lontana sulla penisola di Alaska, è stato un richiamo cui non ho saputo resistere”. Il sapiente lavoro di ripresa è durato primavera, estate e autunno per due anni di fila. “Il tempo è così imprevedibile lì che la mia strategia era quella di lavorare con i cineasti che vivono nella regione, dando loro la possibilità di decidere quando e dove filmare, in base alle condizioni climatiche. Sono andato spesso a dirigere riprese importanti, come gli orsi di “Hallo Bay”, quelli al “Brooks Falls” e la spedizione all'Aniakchak“. Gli orsi bruni giganti non sono stati il vero problema dell’impresa. “Se tutti nella squadra di lavoro capiscono il loro comportamento li trattando col rispetto che meritano, non possono rappresentare un problema. Il clima, invece, sì. Sulla penisola di Alaska quest’ultimo è descritto come "costantemente infelice" , con pioggia frequentee cielo grigio, e forti venti chiamati "williwaws " . Perciò, al fine di ottenere quei pochi e lontani tra loro sprazzi di cielo chiaro e blu, l'investimento in termini di tempo è stato elevato”. Scenari incantevoli attendono gli spettatori del film di Grabowska: “Aniakchak è famosa per un fenomeno atmosferico unico, “nube Niagaras” o “cascate nuvola”, in cui le nuvole si muovono in tutta la Penisola e si riversano dall'orlo del vulcano al piano della caldera come cascate vaporose. Speravo potessimo filmarne almeno uno durante la settimana in cui eravamo in zona Aniakchak, e, invece, ne abbiamo visti così tanti da diventarne esperti e selettivi conoscitori”. La cosa che, in generale, intriga maggiormente il regista nel fare il film è il modo in cui il pubblico trasporta nel pellicola le proprie esperienze e interpretazioni. Spesso immagini e narrazione suscitano reazioni nell’audience che il regista non avrebbe pensato, reazioni che sono spesso così potenti e inaspettate da attingere a memorie ed esperienze uniche di quel singolo spettatore.”Ne ho avuto riscontri diversi. Direi che qualunque mio film parli potentemente ad un pubblico, risulti, alla fine, il più importante, proprio per quel pubblico”. Il suo prossimo lavoro, abbastanza sorprendentemente, non sarà un documentario bensì un libro: una raccolta di saggi di storie naturali sulle due esperienze nel girare pellicole nelle remote aree selvagge dell'Alaska. Quanto a Sondrio, il regista esprime commenti positivi “è meravigliosa e il Festival unico, apprezzato da quelli tra noi che fanno film su parchi e aree protette. Il calore dell'accoglienza che ho ricevuto quando il mio documentario precedente era in concorso è una cosa che non dimenticherò mai. Ho davvero dei bei ricordi della mia permanenza e ho deciso di tornare perché non c'è nessun altro Festival come Sondrio quando si tratta di film su parchi e aree protette. Essere un finalista da voi è stato motivo d’orgoglio. Avrei voluto essere lì per il Fstival anche quest’anno e sono tremendamente invidioso del mio co -produttore e grande amico Roy Wood che presenzierà. Spero che il pubblico troverà in “The Ends of the Earth” molte spunti: dal livello artistico, alla narrazione, alle immagini, alla musica. Gli ecosistemi intatti della natura selvaggia dell'Alaska suscitano meraviglia, gli orsi giganti di Katmai ispirano soggezione e la massiccia corsa del salmone ammirazione, mentre la realtà del cambiamento climatico fa riflettere”. La speranza profonda del professionista è che ne nasca un amore per questi luoghi selvaggi e si adottino, di conseguenza, sempre più misure per proteggerli.
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Camilla Martina